EDITORIALE – Tra procedure infinite e scadenze estive, il personale scolastico viene messo alla prova proprio quando avrebbe più bisogno di riposo. Un sistema che chiede tanto e restituisce troppo poco
Il periodo estivo, per chi lavora nella scuola, è da sempre un paradosso. Per i precari, poi, è un incubo a occhi aperti. Le cosiddette “vacanze” non sono mai davvero tali. Quando il tuo tempo libero è scandito da domande da compilare, scadenze da rispettare, procedimenti da seguire per non decadere da questa o quella procedura informatizzata, ti rendi conto che le ferie non servono più a recuperare le energie psicofisiche attese da un anno intero. Servono a sopravvivere a una macchina burocratica che non si ferma mai.
E quest’anno, credetemi, il Ministero dell’Istruzione e del Merito si è davvero superato. Lo dico da sindacalista prima ancora che da osservatore esterno: una mole di procedure concentrate tutte nello stesso momento, con scadenze ravvicinate, piattaforme zoppicanti e istruzioni poco chiare. Le stesse sedi sindacali, pur animate da spirito di servizio, fanno fatica a reggere l’urto delle richieste, che arrivano incessanti da ogni angolo d’Italia.
Solo nell’ultima settimana abbiamo gestito: le immissioni in ruolo, il completamento delle prove concorsuali, le domande di utilizzazione e assegnazione provvisoria, la compilazione delle famigerate 150 preferenze per le supplenze dell’anno scolastico 2025/26 (un sistema che, ancora oggi, non consente nemmeno di importare le scelte dell’anno precedente), il calcolo delle disponibilità per i ruoli da GPS sostegno ex art. 59, la riconferma della continuità per chi è già in servizio, secondo l’ultima trovata firmata Valditara.
E non è finita.
INDIRE, in contemporanea con tutto questo, ha pubblicato le graduatorie degli ammessi ai percorsi TFA, generando un cortocircuito comunicativo che definire “confuso” è un eufemismo. La struttura delle graduatorie ha richiesto ai candidati – e persino ai sindacati – una lettura “da decifratore”.
E ciliegina sulla torta: poca chiarezza su chi (e quando) potesse usare o meno la Carta del Docente. Il risultato? Centinaia di richieste, dubbi, panico generalizzato e la solita sensazione di essere lasciati soli nel momento decisivo.
Nel frattempo, e sempre d’estate – perché mai darsi una tregua – sono state pubblicate anche le graduatorie provvisorie ATA 24 mesi.
E con esse, come ogni anno, si è aperta la valanga di reclami.
Errori nei punteggi, servizi non riconosciuti, riserve non applicate, precedenze ignorate. La pubblicazione delle graduatorie provvisorie, che dovrebbe essere un momento tecnico, si trasforma invece in un fronte sindacale aperto a pieno carico, dove ogni giorno decine di lavoratori – con ansia legittima – chiedono chiarimenti, verifiche, supporto per la compilazione dei reclami.
Il personale scolastico, stremato dalla burocrazia, si ritrova a dover difendere i propri diritti in un contesto di grande confusione e carenza cronica di organico negli uffici territoriali (solidarietà anche per loro).
Forse qualcosa mi sfugge. Ma è evidente che ci troviamo di fronte a un sistema farraginoso, in cui la digitalizzazione non va di pari passo con l’efficienza. In cui la mole di dati e richieste sembra studiata più per mettere alla prova la resistenza di docenti, ATA, segreterie e sindacati che per offrire opportunità reali di lavoro.
Mi chiedo: perché concentrare tutto tra luglio e agosto, nel momento in cui tanti precari tornano a casa, in regioni lontane, e avrebbero il diritto a una pausa? Perché non distribuire le scadenze tra maggio e giugno, quando l’anno scolastico è ancora in corso, ma il margine di gestione è più ampio e razionale?
Sembra quasi che, più che garantire un’organizzazione efficace, si voglia testare il punto di rottura del sistema scuola. Ma non può funzionare così. Servono piattaforme più intelligenti, meno sovrapposizioni, e soprattutto rispetto per i tempi umani di chi, nella scuola, ci lavora ogni giorno.
Perché sì, tutti hanno diritto a rifiatare e di staccare la spina. Non per disimpegno, ma per tornare a settembre più lucidi, più motivati e meno stanchi di rincorrere scadenze create da chi, a volte, sembra non conoscere davvero il mondo della scuola.
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