La scuola ha bisogno di buonsenso e vere riforme. Demolire senza logica e senza visione, distruggerebbe ancora di più, un sistema estremamente fragile.

Cambieremo regole scritte trent’anni fa”. È il refrain con cui la sottosegretaria Paola Frassinetti ha presentato, l’11 giugno, la futura riforma del reclutamento ATA davanti alla VII Commissione Cultura della Camera.

Un’affermazione che suona modernissima, ma che distoglie l’attenzione dal vero problema: non è l’età del regolamento a generare precarietà, bensì la scelta – tutta politica – di tenere migliaia di posti scoperti e di abusare dei contratti a termine. 

Parole contro fatti: la forbice degli organici

Secondo la UIL Scuola, negli ultimi anni le immissioni in ruolo autorizzate “corrispondono alla metà dei posti vacanti”; il risultato è una crescita del 15 per cento dei contratti a tempo determinato a fronte di un calo dell’1,16 per cento dei posti stabili  . Finché il Governo continuerà a usare il precariato come valvola di sfogo del bilancio, usando la scuola come Bancomat, nessuna riscrittura normativa potrà sanare il fenomeno.

La spada di Lussemburgo

Da Bruxelles è partito il deferimento alla Corte di Giustizia (causa C-155/25) per “violazione protrattasi per oltre venticinque anni” della clausola 5 della direttiva 1999/70/CE: l’accusa è di non aver fissato limiti alla reiterazione dei contratti a termine per il personale ATA. Il Governo promette di giustificarsi con “ragioni obiettive”, ma difendere una prassi che produce metà organico precario suona come arrampicarsi sugli specchi.

Ciò che funziona davvero nel “modello 1994”

Tra concorsi per titoli (“24 mesi”), graduatorie di terza fascia e territorialità, il sistema vigente garantisce almeno due valori: continuità alle scuole e riconoscimento dell’esperienza maturata.

Il problema non è l’ossatura della norma, bensì l’uso distorto che ne fa l’amministrazione, autorizzando ruoli col contagocce e imponendo alle segreterie carichi – e responsabilità – che dovrebbero restare agli uffici periferici.

Trasparenza cercasi: l’idea intelligente (e a costo zero) di Pasquale Raimondo

Proprio sul fronte delle supplenze brevi esplodono le anomalie: alcune scuole, per sostituire collaboratori scolastici assenti pochi giorni, bypassano le graduatorie, costruendo elenchi “interni” o chiedendo disponibilità via WhatsApp. È qui che la UIL Scuola, per voce di Pasquale Raimondo, mette sul tavolo una soluzione lineare: una graduatoria volontaria, provinciale, per incarichi fino a dieci giorni, gestita con interpello rapido e presa di servizio immediata, sul modello già applicato alle supplenze lampo dei docenti dell’infanzia e primaria.

La proposta costa zero – non richiede nuovi posti né software – ed elimina quelle zone d’ombra che alimentano sospetti di favoritismi. Soprattutto, ridà ossigeno alle segreterie, oggi costrette a inseguire sostituti con procedure macchinose che finiscono per lasciare i plessi scoperti proprio quando serve più sorveglianza.

Perché la “graduatoria nazionale” del MIM è un azzardo

Le indiscrezioni ministeriali parlano di graduatoria digitale unica, call veloce e algoritmi di scorrimento.

Bello sulla carta, ma pericoloso nella pratica: si rischia di trasformare il reclutamento in un click-day permanente, dove chi accetta un contratto a cento chilometri da casa lo fa per necessità, salvo poi dimettersi alla prima occasione, lasciando la scuola di nuovo scoperta. Ancor più grave sarebbe spezzare il legame territoriale che oggi consente per esempio ai collaboratori scolastici di conoscere edifici, utenza e bisogni speciali degli alunni. In nome dell’efficienza si produrrebbe instabilità.

Anief: una posizione sbilanciata e propagandistica

Se non cambiano le modalità di reclutamento, forse non cambieranno mai gli stipendi” – così Alberico Sorrentino (Anief-Condir).

Secondo Anief, bisognerebbe introdurre una procedura di reclutamento per il personale di segreteria con test selettivi, riservando il 50% dei posti all’esterno.

Una proposta che sembra rispondere più a logiche di rottamazione che di riforma, con l’effetto concreto di delegittimare il personale attualmente in servizio.

Non si può ignorare che, nel concreto quotidiano, le segreterie scolastiche sopravvivono grazie alla dedizione di personale storico e competente, spesso formato sul campo in anni di esperienze che nessun test standardizzato può replicare.

L’idea di “selezionare i migliori” tramite test sembra una scorciatoia ideologica, funzionale solo alla propaganda, ma che non risolve nessuna delle vere criticità del comparto ATA come carichi di lavoro, stipendi bloccati, organici insufficienti, precariato cronico.

Quindi, anziché attaccare un sistema con tutti i suoi limiti, sarebbe più utile valorizzare chi tiene in piedi la macchina amministrativa, spesso con strumenti inadeguati e scarse risorse.

La critica ad Anief non è un pretesto per fare polemica, ritenendo questo sindacato uno di quelli che avrebbe dovuto nel tempo portare una ventata di aria fresca. Il sindacato di Pacifico, come prima azione da mettere in campo, magari avrebbe potuto evitare l’allineamento ad altre sigle che hanno nella loro storia acconsentito tutto ed il contrario di tutto, come l’ultimo CCNL che ha letteralmente messo in ginocchio tutto il personale ATA.

UIL Scuola: “Ora concorsi inopportuni”

La UIL Scuola RUA, pur riconoscendo l’esigenza di aggiornamento del sistema, esprime riserve verso concorsi per esami, giudicati inopportuni nel contesto attuale, anche alla luce della procedura d’infrazione UE.

Se si vuole parlare di concorsi, bisogna discutere anche di stipendi, mansioni e condizioni di lavoro. Un intervento unilaterale solo su un aspetto, come il reclutamento, rischia di creare squilibri ingiustificati” – ribadisce Raimondo.

Dalla denuncia alla cura:

Non so può discutere senza ragionare e indicare una via maestra, che superi ideologie e spot elettorali:

  • copertura del 100 per cento del turnover,
  • pubblicazione delle graduatorie entro giugno,
  • formazione mirata su disabilità e sicurezza,
  • restituzione alle sedi periferiche delle pratiche previdenziali,
  • Report pubblici annuali su organici e supplenze.

Sono misure concrete, alcune quasi a costo zero, che migliorerebbero il servizio prima ancora di qualsiasi legge-spot. 

La vera modernità è la trasparenza

Il Governo dipinge il sistema vigente come un vecchio arnese. In realtà, il “vecchio” sta nel modo opaco di gestirlo.

Prima di buttare giù le pareti, bisognerebbe togliere le ragnatele: autorizzare i posti già finanziati, impedire le convocazioni improvvisate e adottare la graduatoria volontaria per le supplenze lampo.

Sarebbe una riforma silenziosa, ma rivoluzionaria: niente effetti speciali, tanto buon senso – proprio ciò che oggi manca alla retorica governativa e a una parte sindacale che più che pensare al benessere del personale pensa a fare propaganda.