Richard Burrows, oggi 81enne, ha abusato di decine di minori tra gli anni ’60 e ’90. Fuggito in Thailandia con una falsa identità, è stato incastrato da un software di riconoscimento facciale. Condannato a 46 anni di carcere
Dietro la maschera di un rispettato preside, direttore di collegio e capo scout, si celava uno dei più pericolosi pedofili seriali d’Inghilterra. È la storia sconvolgente di Richard Burrows, oggi 81 anni, che per quasi trent’anni ha abusato indisturbato di decine di bambini, prima di essere smantellato dalla tecnologia dell’intelligenza artificiale.
Condannato dalla Chester Crown Court a 46 anni di carcere, Burrows è stato riconosciuto colpevole di 43 reati di abuso sessuale su minori e ne è stato ritenuto responsabile per altri 54 che aveva inizialmente negato. Il suo curriculum apparentemente irreprensibile, il ruolo educativo e il suo passato da uomo di fiducia nel mondo della scuola e dello scoutismo si sono rivelati l’ennesima maschera dietro cui si celava un predatore sessuale.
Una fuga studiata nei minimi dettagli
Nel 1997, quando le prime denunce a suo carico iniziarono a emergere, Burrows fuggì dal Regno Unito, facendo perdere le proprie tracce. Le indagini tradizionali non riuscirono a stanarlo, mentre le sue vittime, ormai adulte, avevano quasi perso la speranza di vederlo arrestato. L’uomo si era creato una nuova identità in Thailandia, diventando Peter Leslie Smith, grazie a un passaporto autentico ottenuto usando la sua foto e i dati di un conoscente malato terminale.
Una volta stabilitosi all’estero, si era costruito una nuova vita: prima insegnante di inglese, poi impiegato nel settore pubblicitario e dei media, in una società che possedeva giornali e siti web locali.
La svolta con l’intelligenza artificiale
La svolta è arrivata nel 2023, grazie a un software di riconoscimento facciale accessibile al pubblico. Dopo decenni di fallimenti, la polizia del Cheshire ha caricato una vecchia foto segnaletica del 1997 su una piattaforma online di IA. In pochi secondi, il sistema ha trovato corrispondenze con immagini recenti pubblicate su un sito web tailandese, tra cui una foto del 2019 alla sua festa di pensionamento.
Sebbene l’uomo fosse identificato come “Peter Smith”, il software ha riconosciuto segni particolari sul viso, come un brufolo sul collo, confermando la sua vera identità. In breve tempo, gli investigatori hanno ricostruito i suoi spostamenti, la rete di contatti e i passaggi tra una falsa identità e l’altra. Quando Burrows è tornato in patria lo scorso anno, la polizia lo attendeva già all’aeroporto.
L’illusione della sicurezza e la lezione per il futuro
Questa storia scioccante mostra quanto tempo possa passare prima che la giustizia raggiunga chi abusa del proprio ruolo per compiere violenze indicibili. Ma l’elemento più inquietante resta il fatto che un uomo con questo passato sia riuscito, per decenni, a occupare posizioni di potere e di fiducia nei confronti di minori.
L’efficienza dell’intelligenza artificiale in questo caso ha permesso di superare i limiti delle tecniche investigative tradizionali. Ma ci si interroga su quanti altri “Burrows” possano ancora sfuggire al radar istituzionale. La tecnologia può aiutare, ma non basta: serve una maggiore attenzione alle segnalazioni, più controlli nel reclutamento del personale scolastico ed educativo, e soprattutto una rete di protezione efficace per i minori.
Questo caso deve essere un monito. Dietro ruoli apparentemente ineccepibili si possono celare i peggiori criminali, e la sicurezza dei più giovani deve tornare a essere una priorità assoluta per ogni Paese.
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