Al via i corsi di formazione. Ecco tempi, modalità e criteri di selezione

Cosa sono le posizioni economiche

Le posizioni economiche ATA sono uno strumento previsto dal Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL), pensato per riconoscere formalmente le competenze acquisite nel corso del servizio. In sostanza, si tratta di un incremento stipendiale annuo — compreso tra i 700 e i 2.000 euro lordi — collegato a specifiche funzioni e mansioni svolte dal personale ATA.

Il riferimento normativo principale è il Decreto Ministeriale n. 140 del 12 luglio 2024, che disciplina nel dettaglio modalità, contenuti e tempi di attuazione del nuovo piano per le posizioni economiche.

Distribuzione delle Posizioni Economiche

Il piano prevede l’attribuzione di 46.297 nuove posizioni economiche, suddivise come segue:

  • 28.539 per l’area dei collaboratori scolastici.

  • 82 per l’area degli operatori.

  • 12.549 prime posizioni economiche per l’area degli assistenti (9.050 per assistenti amministrativi, 3.325 per assistenti tecnici, 87 per cuochi, 62 per guardarobieri, 25 per infermieri).

  • 5.127 seconde posizioni economiche per l’area degli assistenti (3.743 per assistenti amministrativi e 1.384 per assistenti tecnici).

Su un totale di 58.832 domande presentate, sono stati ammessi ai corsi 57.638 candidati.

Modalità dei Corsi di Formazione

I corsi di formazione, della durata complessiva di 20 ore, si svolgeranno in modalità e-learning asincrona, attraverso video lezioni disponibili su una piattaforma dedicata. I partecipanti avranno 45 giorni di tempo per completare il percorso formativo, a partire dalla data di avvio prevista per luglio 2025 .

I contenuti dei corsi sono definiti nell’Allegato D del Decreto Ministeriale n. 140 del 12 luglio 2024 e variano in base all’area professionale di appartenenza. Tra gli argomenti trattati: caratteristiche del profilo, ruoli e responsabilità, e specifiche professionali.

Come funziona la formazione: corsi e test finale

L’iter prevede una formazione obbligatoria della durata di 20 ore, che si svolgerà completamente in modalità e-learning asincrona, permettendo a ciascun partecipante di gestire autonomamente tempi e modalità di studio. Il percorso formativo sarà disponibile su piattaforma dedicata, e ogni lavoratore avrà 45 giorni di tempo per completarlo a partire dalla data di avvio, fissata per luglio 2025.

I contenuti della formazione variano in base al profilo professionale e sono dettagliati nell’Allegato D del DM 140/2024. Per esempio, un collaboratore scolastico approfondirà temi legati alla vigilanza, alla sicurezza e alla collaborazione con il personale docente, mentre un assistente amministrativo si concentrerà su segreteria digitale, gestione documentale e attività contabili.

Un’opportunità attesa, ma non priva di ombre

Il percorso verso le nuove posizioni economiche per il personale ATA si apre con una promessa importante: quella di riconoscere e valorizzare competenze, esperienze e professionalità che da anni garantiscono il funzionamento quotidiano delle nostre scuole. Tuttavia, a uno sguardo più attento, emergono anche elementi che lasciano spazio a qualche riflessione critica.

Tempistiche discutibili e criticità organizzative

Innanzitutto, la tempistica dell’intero processo suscita perplessità. Dopo anni di attese e rinvii, l’avvio dei corsi è stato fissato per il mese di luglio, in piena estate, quando molte scuole sono chiuse e il personale fruisce delle ferie. Una scelta che rischia di complicare ulteriormente la vita di chi dovrebbe affrontare un percorso formativo serio e qualificante. Anche se i corsi saranno asincroni, e dunque più flessibili, è evidente che partire in pieno periodo estivo non favorisce un apprendimento sereno e ben organizzato.

Un modello selettivo che rischia di creare disparità

Ma non è solo l’inizio a sollevare dubbi. Anche la fase finale, con il test e la graduatoria, presenta aspetti problematici. Il fatto che non tutti i partecipanti otterranno la posizione economica — nonostante abbiano seguito il corso e superato la prova — crea una dinamica competitiva che poco si concilia con la logica della valorizzazione professionale. Il merito, in questo caso, viene ridotto a un quiz e a una classifica, che rischia di penalizzare anche lavoratori capaci e meritevoli, solo perché meno performanti in una prova teorica o con minore anzianità di servizio.

È giusto domandarsi se questo modello premiale, così strutturato, sia realmente efficace per una reale crescita professionale del personale ATA, o se invece non finisca per creare ulteriore frammentazione, nuove disparità e malcontento.

Questa tornata di posizioni economiche, quindi, va letta come un’opportunità, ma anche come un banco di prova. È un passo in avanti, certo, ma quello che resta, ancora una volta, è l’impressione che si sarebbe potuto fare di più — e meglio — per restituire dignità e riconoscimento a chi ogni giorno lavora, spesso in silenzio, per garantire il funzionamento della scuola pubblica. È questo il punto da cui ripartire, anche oltre i numeri e oltre le procedure.

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