🔵 Vai al gruppo Telegram dedicato – Clicca Qui 👈
Molti supplenti brevi attendono ancora gli stipendi di settembre e ottobre: tra burocrazia, ritardi e fondi bloccati, la scuola paga il prezzo più alto.
Un lavoro senza paga: il nodo dei ritardi negli stipendi
È un paradosso tutto italiano: si lavora per lo Stato, ma si resta senza stipendio per mesi. È ciò che sta accadendo a migliaia di insegnanti con contratti di supplenza breve, impiegati ogni giorno nelle scuole per garantire la continuità didattica durante assenze, malattie e congedi dei colleghi. Da settembre, però, per molti di loro lo stipendio è ancora un miraggio.
Dietro il ritardo, che in diversi casi ha superato i due mesi, c’è un intreccio di procedure e passaggi burocratici che bloccano i pagamenti. A pagarne le conseguenze sono i lavoratori e, indirettamente, la stessa scuola, che vede minata la stabilità del servizio educativo.
Il meccanismo che si inceppa: tra SIDI, NoiPA e Ragioneria
Per legge, gli stipendi dei supplenti brevi dovrebbero essere accreditati entro 30 giorni. Il dirigente scolastico, una volta firmato il contratto, ha tre giorni lavorativi per verificarlo e trasmetterlo tramite il portale SIDI (Sistema Informativo dell’Istruzione). Da lì i dati passano a NoiPA, la piattaforma del Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF) che gestisce i pagamenti dei dipendenti pubblici.
La Ragioneria Generale dello Stato, sulla base delle rate autorizzate, assegna alle scuole le risorse per coprire gli stipendi. Ed è proprio qui che si crea il collo di bottiglia: molte scuole, pur avendo completato regolarmente tutti gli adempimenti, restano in attesa dei fondi necessari per liquidare i contratti.
Il risultato è un ritardo a catena che colpisce chi, nel frattempo, continua a garantire lezioni, verifiche e programmazioni, spesso senza sapere quando verrà pagato.
Il Ministero: “I fondi ci sono, i problemi non dipendono da noi”
Dal Ministero dell’Istruzione e del Merito (MIM) arriva una smentita sul fronte finanziario. In una nota si precisa che “a differenza del passato, non sussistono problemi di natura economica”, poiché i capitoli di bilancio destinati agli stipendi dei supplenti risultano “pienamente sufficienti” a coprire i ratei di settembre e ottobre.
In sostanza, i fondi ci sono, ma non sempre arrivano in tempo. Il problema non sarebbe dunque di risorse, bensì di tempistiche amministrative, spesso diverse da scuola a scuola e legate ai flussi tra ministeri, ragionerie territoriali e piattaforme digitali.
Il peso sulla scuola e la continuità didattica
Il ritardo dei pagamenti non è solo una questione di diritti dei lavoratori, ma anche un tema di funzionamento del sistema scolastico. Un docente che lavora senza retribuzione per mesi rischia di non poter garantire serenità e stabilità agli studenti.
In molte scuole si assiste a un turnover costante di supplenti che rinunciano, rifiutano rinnovi o preferiscono attendere contratti più sicuri. Questo genera un effetto domino sulla continuità didattica, con ripercussioni evidenti sull’apprendimento e sull’organizzazione delle classi.
La promessa (ancora mancata) di un sistema efficiente
Già nel 2024, dopo gli stessi ritardi, il ministero aveva annunciato nuove misure di monitoraggio dei pagamenti per evitare che il problema si ripetesse. Ma, a un anno di distanza, nulla sembra essere cambiato.
Nel frattempo, la Legge di Bilancio 2026 introduce un’ulteriore novità: per le assenze fino a dieci giorni i dirigenti scolastici dovranno utilizzare personale interno, riducendo il ricorso ai supplenti esterni. Una misura che, pur nascendo con finalità di risparmio, rischia di complicare ulteriormente la gestione delle classi e di aumentare il carico di lavoro per i docenti di ruolo.
Le immagini presenti su questo sito sono tutte libere da copyrightp o generate con tecnologia AI
Segui il nostro canale
Segui la nostra pagina
Segui il nostro Canale
Segui il nostro Canale
👉 YOUTUBE
Segui il nostro Canale
👉 TELEGRAM
